I lavoratori in nero nelle campagne italiane sono una triste realtà, tornata alla ribalta dopo il caso Satnam Singh, il giovane bracciante indiano che è divenuto simbolo di questa situazione.
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Quanti sono i lavoratori in nero nelle campagne
Il tempo scorre, i governi si susseguono ma i lavoratori in nero nelle campagne rimangono una piaga sociale che attanaglia il nostro Paese. I numeri parlano chiaro: sono circa 230.000 i lavoratori senza contratto costretti a condizioni spesso disumane, con orari e paghe che non combaciano e talvolta con norme di sicurezza inesistenti.
Non si deve però pensare che questa situazione coinvolga solamente persone extracomunitarie. Infatti, secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai-Cgil, il 30% di loro sono italiani o dell’Unione Europea.
Non solo gli uomini sono coinvolti, anzi, ben 55mila lavoratrici sono impiegate senza contratto. Insomma, una situazione che include diverse tipologie di persone e su cui il Governo dovrà tentare di agire per regolamentare le cose e scovare il caporalato.
I numeri della ricerca
Il caso Singh ha portato nuovamente alla ribalta un argomento che torna ciclicamente, a riprova di quanto lo sfruttamento nelle campagne sia una triste realtà consolidata nel Bel Paese.
Su 234.000 lavoratori sfruttati, inoltre, ben 100.000 non sono registrati, rendendo ancor più difficile per l’Istat effettuare i corretti e precisi rilievi. Per quanto riguarda i numeri, le ore parlano chiaro: sono circa 2,4 miliardi quelle di lavoro ma comparandole al numero di assunti qualcosa non quadra.
Sempre per quanto riguarda gli irregolari, la situazione è ancora più triste. Dopo un lungo viaggio, duro e affrontato con la speranza di poter vivere una vita migliore, molti di loro vengono intercettati dai caporali che offrono loro paghe che vanno dai 20 ai 35 euro al giorno.
Molte volte una giornata lavorativa può durare anche 12 o 14 ore, senza le dovute condizioni minime di sicurezza e ovviamente senza nessun diritto di replica. È paradossale e assolutamente disdicevole che in un Paese evoluto, come quello italiano, possa ancora esistere il caporalato, ma è una realtà con cui si deve fare i conti.
Il caporalato è esteso in tutta Italia
Alcune regioni come Campania, Calabria, Lazio e Sicilia sono particolarmente colpite dal lavoro nero nelle campagne, con un tasso pari al 40%. Non si deve però pensare che questo sia un fenomeno che colpisce solo le zone del Centro-Sud Italia, infatti, anche il Nord ha percentuali considerevoli.
Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna toccano picchi che vanno dal 20% al 30%, a riprova che questo è un fenomeno diffuso lungo tutto lo Stivale. Le donne guadagnano meno degli uomini e alcuni lavoratori addirittura non percepiscono nemmeno una paga, ma solamente cibo e acqua.
Uno sfruttamento in piena regola che va assolutamente contrastato anche perché l’evasione, nonostante sia molto difficile avere delle cifre precise, si aggira attorno a un numero che va dai 700 ai 900 milioni di euro.
È difficile credere che nel 2024, in Italia, si debba ancora continuare a parlare di queste orribili tematiche, ma purtroppo è una realtà che continua a esistere e a proliferare. Servirà un deciso intervento da parte delle istituzioni per fermare questo fenomeno.
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