Alcune buone notizie in un quadro che resta in evoluzione per le donne sul lavoro. Lo smart working è una modalità adottata in quasi 8 imprese su 10 (78%) e nel 46% delle aziende sono previste iniziative a sostegno delle donne-mamme (ad es. asilo aziendale, permessi speciali, orario flessibile, pacchetto mamma-bambino).
La formazione delle imprese ai propri dipendenti è abbastanza omogenea in quanto al genere: al primo posto si erogano gli aggiornamenti tecnico-professionali legati al ruolo (87% per le donne, 91% per gli uomini), poi la formazione trasversale ovvero sulle soft skill (69% per le donne, 71% per gli uomini), seguite da training su leadership e competenze manageriali (51% per le donne, 57% per gli uomini) e successivamente da coaching e/o counseling (36% per le donne, 40% per gli uomini).
Su altri ambiti, invece, le donne faticano di più: in 8 imprese su 10 vi è meno di un quarto di presenza femminile sui ruoli considerati tipicamente maschili in funzioni come logistica, produzione, ingegneria, IT e meno di una posizione da top management o da executive su quattro è ricoperta da donne.
Il 38% dei rispondenti ritiene che le donne siano meno presenti in alcuni ruoli in cui si vedono più spesso affermarsi uomini a causa del percorso di studi e formazione svolto e il 36% per motivi legati al bilanciamento vita privata/lavoro.
Questi sono alcuni dei principali dati emersi dalla survey Tack TMI, la società di Gi Group Holding – la prima multinazionale italiana del lavoro – che si occupa di Learning & Development: la ricerca è stata condotta su un campione di 131 rispondenti per capire come sono organizzate le imprese in merito al lavoro femminile.
“Se è vero che c’è ancora molta strada da fare, rileviamo però un ambito di parità quasi raggiunta per le donne – commenta Irene Vecchione, Amministratore Delegato di Tack TMI Italy (Gi Group Holding) -. Se per le giovanissime la via delle discipline STEM sarà sempre più importante, la formazione aziendale è oggi una leva fondamentale di competitività per le aziende e di employability per le persone; nelle sue diverse sfumature riguarda tutti, anche in servizi ad alto valore aggiunto come il coaching. C’è una tensione comunque positiva sulla via della DEI (diversity, equity, inclusion), un tema su cui si misura una sensibilità molto più diffusa, agevolata dalla consapevolezza che un approccio maggiormente inclusivo e ispirato all’equità rappresenta un reale valore aggiunto per l’impresa, che si arricchisce di contributi diversi e dunque di contenuti e relazioni, creando engagement, appartenenza e fidelizzazione”.
Altri dati emersi dalla survey Tack TMI (Gi Group Holding):
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Ruoli e stipendi
Solo nell’1% delle imprese le donne in ruoli considerati tipicamente maschili sono più del 75%; un rispondente su 2 (53%) non ritiene che in tali ruoli vengano discriminate.
In quasi un’azienda su 3 (31%) gli uomini percepiscono retribuzioni più elevate a parità di ruolo; nel 34% dei casi vale solo per alcune funzioni, nella restante quota non c’è differenza.
Infine, 6 rispondenti su 10 ritengono che spesso le donne sappiano fare squadra, il 27% solo qualche volta.
Carriere al vertice:
Solo nel 5% delle imprese i ruoli di top management sono ricoperti da una percentuale di donne oltre il 50%.
Quasi il 90% dei rispondenti concorda che gli uomini raggiungano ruoli apicali più velocemente rispetto alle donne e oltre 9 su 10 ritengono che una donna, per arrivare a questi, sacrifichi maggiormente la vita privata. (da abbastanza d’accordo a completamente d’accordo).
Una volta arrivate, 3 rispondenti su 4 (76%) non rilevano un atteggiamento “maschile” nelle donne che ricoprono posizioni manageriali; quasi il 70% ritiene però che nelle fasi decisionali dei processi aziendali, le donne abbiano una minore influenza.
Infine, il 49% ritiene che siano penalizzate rispetto agli uomini nello sviluppo di carriera in ambito internazionale con trasferimento all’estero.
Smart working e conciliazione vita-lavoro:
Per la conciliazione dei tempi vita privata-lavoro l’86% delle imprese prevede orario flessibile e/o smart working, il 48% tecnologia a supporto del lavoro a distanza, il 24% convenzioni con palestre vicine alla sede e/o corsi aziendali.
Più della metà dei rispondenti concorda che le donne che lavorano regolarmente in smart working siano considerate meno presenti o meno disponibili in azienda.
“Spesso le donne si sottovalutano e si tirano indietro perché scontano un retaggio culturale nell’approccio al lavoro e alla carriera che non permette loro di valutare correttamente le proprie capacità e di sentirsi quindi sullo stesso piano in un’equa competizione – conclude Vecchione -. Il cambiamento culturale sul tema del lavoro femminile è tra i più difficili da attuare eppure tra i più urgenti; a livello individuale e organizzativo dobbiamo utilizzare il merito come unico metro realmente inclusivo e agire di conseguenza con strategie e misure reali ed efficaci di diversity management perché il lavoro diventi più equo e sostenibile per tutti”.
La survey Tack TMI (Gi Group Holding) è stata condotta su 131 aziende operanti in Italia; il 20% di rispondenti sono uomini, il 39% lavora in grandi aziende con oltre 500 dipendenti, il 27% in imprese fino a 250 dipendenti.
A cura di Tack TMI Italy