Si festeggia oggi la festa della donna, una giornata internazionale che racchiude un profondo significato e che puntualmente fa riflettere. Nonostante ci sia un momento dedicato, il problema del lavoro femminile in Italia resta un dato di fatto.
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Festa della Donna e il lavoro in Italia
Si parla spesso di diritti e di come la questione femminile debba essere portata in auge. Arriva poi un lieve miglioramento, un contentino e tutto finisce nuovamente nel dimenticatoio.
Oggi è la giornata internazionale dedicata alla donna, auguri, mimose e parole d’incoraggiamento per il loro futuro. Si legge questo e molto altro su qualunque sito o pagina social.
È necessario però scavare più a fondo e fare una disamina sulle reali possibilità che il genere femminile ha rispetto a quello maschile. Si è realmente raggiunta la parità di genere? In caso contrario, quanto manca per arrivare a questo risultato?
Ora, tralasciando per un momento qualunque tipo di discussione legata all’etica, cerchiamo di andare ad analizzare alcuni dati che vedono coinvolte le donne e il lavoro in Italia.
Essere madri pesa sul lavoro
Partiamo analizzando una delle questioni più discusse di sempre, ovvero come la maternità va a influire sull’occupazione di una donna in Italia. Secondo i dati Istat, elaborati poi dall’Inail, relativi al 2021, solamente il 53,9 per cento delle donne tra i 25 e 49 anni con un figlio, che ha massimo sei anni, lavora.
Sulla stessa fascia d’età ma senza figli, la percentuale di occupazione cresce fino al 73,9 per cento. Qualcuno potrebbe pensare che sia una scelta della madre, ma ben il 29 per cento di donne rimaste incinte vanno incontro al licenziamento o al non prolungamento del contratto.
Ad aggravare ulteriormente questi dati c’è la percentuale di donne che riesce a trovare lavoro dopo il parto, in questo caso il dato è allarmante: solo il 6,6 per cento riesce a trovare un’occupazione.
Sicuramente questo poi va a influire anche sulla natalità, dato che diventare madri significa molto spesso dover rinunciare alla propria carriera. Ecco che il lavoro in Italia per una donna diventa un problema, significa dover scegliere tra ambizione e famiglia, dovendo rinunciare a una delle due.
Se si collega questo discorso alla mancanza di servizi per la famiglia, e a un welfare che appare insufficiente, non sorprende che l’Italia sia l’ultimo Stato per tasso di natalità in Europa, nel 2022 ci sono stati solamente 400 mila nuovi nati.
Le donne guadagnano meno degli uomini
Un altro punto da tenere in grande considerazione è la differenza di salario tra uomini e donne che ancora oggi, nel 2023, è una piaga che rimane incontrastata. A parità d’impiego una lavoratrice in Europa percepisce, in media, il 16 per cento in meno rispetto a un lavoratore.
In Italia la situazione è sensibilmente migliore, dato che la percentuale si abbassa al 10 per cento, bisogna però considerare il basso tasso di occupazione che innalza la difficoltà in fase di selezione.
Su questo incide dunque molto l’istruzione e la professionalità, lasciando in disparte un gran numero di donne che si trovano costrette, senza volerlo, a dover rimanere inoccupate o a lavorare part time.
Anche qui troviamo un dato particolarmente interessante, il 32,4 per cento delle lavoratrici sono a “mezza giornata”, a differenza dell’8 percento dei lavoratori. Una scelta? A volte. Un obbligo? Molto spesso.
Le pari opportunità ancora non esistono e dove esistono si può tranquillamente affermare che si tratti di mosche bianche. Oggi dunque, nel giorno della Festa della Donna, è importante fare una riflessione sul lavoro in Italia e di come la questione di genere debba essere messa nuovamente in primo piano.
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Posizioni manageriali in mano agli uomini
Capitani d’industria, manager d’azienda, posizioni rilevanti in qualunque settore sono prettamente legati a figure maschili. Non c’è una motivazione veritiera che possa reggere nella contemporaneità, se non che esiste un retaggio lungo secoli di soprusi e idealismi malsani.
Se si leggono i dati relativi al numero di donne che ricoprono posizioni di vertice, si leggerà un triste 27 per cento. Se poi si va a leggere il dato legato alla differenza di reddito, tra uomo e donna, nelle posizioni manageriali il dato è del 23 per cento.
Si sono compiuti sicuramente alcuni passi in avanti rispetto ad alcuni decenni fa, ma viene da chiedersi se questi possano bastare. In una modernità in cui i valori, i diritti e le richieste sono profondamente cambiati il lavoro non è in grado di rimanere al passo con i tempi.
Per prima cosa è necessario trovare le giuste contromisure per la “child penalty”, ovvero il costo sul mercato del lavoro per la nascita di un figlio, che colpisce soprattutto le donne e molto meno gli uomini.
Bisogna poi pensare a politiche di welfare utili per poter conciliare lavoro e famiglia, cosicché nessuna madre, e nessun padre, debbano rinunciare a svolgere il proprio impiego.
Infine, bisogna definitivamente raggiungere la parità di salario poiché la produzione, i risultati ottenuti e gli obiettivi sono indipendenti dal genere.
Oggi, nel giorno della Festa della Donna, è importante ancor di più mettere in luce quale sia la reale condizione delle lavoratrici e di chiunque vorrebbe esserlo ma invece, al contrario, non ne ha la possibilità.
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